Lesioni parziali di cuffia

Le lesioni parziali di cuffia presuppongono l’assenza di comunicazione tra spazio articolare e sub-acromiale e la localizzazione a tre livelli: bursale, articolare e intratendineo.

Cosa sono le lesioni parziali di cuffia?

Per capire e trattare le lesioni parziali di cuffia occorre conoscere l’anatomia inserzionale della cuffia in particolare del sovra e sottospinoso. Se la si osserva dal lato articolare, l’inserzione della cuffia puo’ presentare un ispessimento arciforme che origina dal leg.coraco-omerale e si dirige posteriormente verso il sottospinoso, denominato CABLE, che delimita una mezzaluna di tendine inserito al trochite definito CRESCENT. L’ipotesi formulata da Burkhart (3) prevede che il cable svolga una azione protettiva nei confronti del crescent meno vascolarizzato e più esposto a fenomeni degenerativi. Al momento non si conosce se esistono soggetti cable-crescent dominanti o se questa conformazione si strutturi con il passare degli anni al fine di proteggere la inserzione della cuffia ( Nottage su 70 cadaveri ha evidenziato un 60% di conformazione cable-crescent) (4).

Altrettanto importante è conoscere l’anatomia inserzionale del sovraspinoso, il cosiddetto foot-print che è stato studiato recentemente su 70 cadaveri da Ruotolo e Nottage (4) : la lunghezza antero-posteriore è di 25 mm. in media, lo spessore medio di 11,5/12 mm. e la distanza cartilagine-tendine è di 1,5 mm. La conoscenza di questi parametri è indispensabile per quantificare, classificare e trattare le lesioni parziali di cuffia.

Quali sono le cause delle lesioni parziali di cuffia?

Le lesioni parziali di cuffia si distinguono in forme primarie di dolore e disfunzione alla spalla oppure essere secondarie ad altre condizioni patologiche (per es. instabilità) la cui identificazione e trattamento sono la base del successo.

Le forme primarie sono causate da meccanismi degenerativi e traumatici.

  • forme degenerative: sono caratterizzate da un‘evoluzione progressiva della lesione, con un ampliamento che, alcuni studi hanno dimostrato evolvere in 6 mesi nel 50% dei casi e una trasformazione in lesione completa nel 30% dei casi.
  • forme traumatiche: sono di più difficile identificazione. Sono possibili anche lesioni bursali isolate o associate per esempio a fratture del trochite e caratterizzate da maggiori possibilità riparative come dimostrato da lavori sperimentali.

Nelle forme secondarie si riconoscono due patologie principali: 

  • Instabilità: sono prevalenti sul lato articolare, spesso in posizione eccentrica, tipiche dei giovani e atleti overhead e si possono realizzare sia nella fase di caricamento per abrasione con la rima glenoidea postero-superiore (lesioni posteriori) sia nella fase di decelerazione per fallimento tensile e abrasione con rima glenoidea antero-superiore (lesioni anteriori). Le condizioni che predispongono gli atleti a questi contatti anomali sono la contrattura capsulare posteriore e/o la lassità capsulo-legamentosa antero-inferiore la cui identificazione e trattamento sono indispensabili.
  • Conflitto: si realizzano sul lato bursale per attrito con l’arco coraco-acromiale patologico, sono associati a fenomeni degenerativi tendinei e sono più frequenti in pazienti di età medio-avanzata e presentano elevate possibilità evolutive in senso negativo.

Questa classificazione fisiopatologia è importante perchè a parità di entità lesionale il trattamento artroscopico potrà essere diverso a seconda della patogenesi traumatica o degenerativa, primitiva o secondaria, il tutto messo in relazione con l’età e il livello di richieste funzionali.

Diagnosi

La diagnosi clinica delle lesioni parizali si basa su:

  • dati anamnestici (età, sport di lancio, eventi traumatici)
  • caratteristiche del dolore (notturno nelle forme degenerative, durante il gesto atletico nelle secondarie)
  • esame clinico (test di lassità e/o instabilità nelle secondarie del giovane, test di conflitto nelle bursali, test di Whipple e dolore a 30° di abduzione contro resistenza nelle articolari).

La diagnosi strumentale deve comprendere un esame ecografico comparativo dotato di sensitività e specificità intorno al 85%, di un esame radiografico per valutare l’arco coraco-acromiale e di una RMN in grado di confermare il dato ecografico grazie al contrasto operato dal liquido sinoviale nelle sequenze T2. La ARTRO-RMN si riserva ai giovani e/o atleti per valutare il cercine, l’ancora bicipitale e l’apparato capsulo-legamentoso.

Trattamento

L’indicazione al trattamento operativo di una lesione parziale di cuffia deriva dalla persistenza di dolore nell’attività lavorativa e/o sportiva, dalla dimostrazione strumentale della lesione e dal fallimento di adeguto trattamento medico, infiltrativi e riabilitativo.

E’ infatti osservazione comune vedere pazienti con lesioni parziali articolari rimanere asintomatici anche dopo diverso tempo dalla diagnosi e dal primo trattamento conservativo: questo si può spiegare con la localizzazione centrale nella zona crescent del tendine della lesione parziale. Questa lesione dopo che si è creata, può andare incontro ad una recentazione biologica-farmacologica e quindi rimanere protetta, grazie al cable, da tutte le sollecitazioni muscolari e/o meccaniche. 

Quindi una ipotesi non ancora validata ma in teoria ben comprensibile è che se le lesioni parziali articolari si realizzano in posizione centrale e in pazienti cable-crescent dominanti possono essere tollerate e rimanere stabili nel tempo, mentre le lesioni a posizione eccentrica e/o in pazienti non cable dominanti l’evoluzione sarà più rapida e meno tollerata. Questo concetto potrebbe spiegare un’ altra osservazione comune: lesioni complete a tutto spessore del sopraspinoso che rimangono asintomatiche per lunghi periodi dopo il primo trattamento e in cui anche il trofismo rimane invariato agli esami RMN ripetuti nel tempo perchè localizzate all’interno del cable che ridistribuisce le forze muscolari e protegge la lesione da sollecitazioni meccaniche. D’altra parte si osservano lesioni parziali eccentriche e non protette dal cable che si presentano già con una ipotrofia muscolare e che si completano e si ampliano rapidamente nel tempo.

Se si decide per un trattamento operativo, la tecnica artroscopica presenta indubbi vantaggi: capacità di valutare lato articolare e bursale della cuffia, di quantificare il tendon-loss in modo preciso, di valutare la qualità del residuo tendineo, di identificare e trattare le condizioni patologiche associate (instabilita’, conflitto…) e di eseguire le possibili opzioni di trattamento: debridment, sutura trans-tendinea o completamento della lesione e ricostruzione del foot- print.

Il DEBRIDMENT consiste nella asportazione con motorizzato dei margini di lesione, dei piccoli flap, del tessuto tendineo macroscopicamente patologico e nella pulizia del trochite (dal lato articolare e/o bursale) per poter quantificare e classificare sec. Ellman la lesione parziale. La valutazione artroscopica si completa con la localizzazione della lesione (centrale o eccentrica) con la valutazione del cercine, dell’ancora bicipitale e dell’apparato capsulo-legamentoso e in caso di lesione articolare con la marcatura con un filo di PDS per poterla esaminare con precisione dal lato bursale.

Le SUTURE TRANS -TENDINEE sono state inizialmente proposte da Lyons e Savoie con una tecnica priva di viti artroscopiche in cui, con l’ausilio di aghi da spinale, venivano fatti passare dei fili di sutura tra la lesione parziale del sovraspinoso e il margine anteriore del sottoscapolare e l’annodamento avveniva sul lato extra-articolare. Snyder(8) quando descrisse la PASTA lesion propose anche una sutura trans- tendinea con l’ausilio di mini-viti inserite sul margine articolare del trochite dopo cruentazione dello stesso, e fatte passare attraverso il tendine dallo spazio sub-acromiale. Viene recuperato nella cannula anteriore uno dei fili non riassorbibile con cui è pre-caricata la vite e quindi con un ago da spinale percutaneo viene preso il lembo tendineo avulso. Si fa passre un filo shuttle nell’ago da spinale, lo si recupera nella cannula, lo si carica del filo non riassorbibile della vite e si trasporta il tutto nello spazio sub-acromiale, potendo ripetere l’operazione con un’altra vite in caso di estensione antero-posteriore della lesione superiore ai 2 cm. Infine si annoderanno i fili nello spazio sub-acromiale, ottenendo l’accollamento del flap tendineo avulso al margine trochitico articolare e al residuo tendineo.

Le suture trans-tendinee sono poi rinate a nuova gloria con la tecnica descritta da Burkhart (13) il quale propone l’utilizzo di viti bio-rassorbibili con asola in tessuto e doppio filo ad elevata resistenza, inserite da una via per cutanea e trans-tendinea sempre al margine articolare del trochite. Un’altra differenza rispetto alla tecnica di Snyder consiste nell’utilizzo di suture retriver sempre transtendinei per agganciare il margine libero della lesione e recuperare i fili nello spazio sub-acromiale ottenendo un doppio nodo ad U per ciascuna vite. Fig 4

La RICOSTRUZIONE DEL FOOT-PRINT proposta da De Beer (14) e Burkhart (15) prevede il completamento della lesione fino ad esporre completamente il trochite, recintare i margini tendinei fino a tessuto sano, posizionare una o più ancore a snigolo o doppio filo medialmente in prossimità della cartilagine articolare e una o più ancore a doppio filo lateralmente. Si eseguono i passaggi attraverso il tendine con uncini e filo di trasporto o con suture retriver e eseguendo nodi a U medialmente e a doppio nodo semplice lateralmente a circa 1 cm. di distanza l’uno dall’altro, si ricostruisce il foot-print. Fig 3

La difficoltà ovviamente non sta nella esecuzione di queste tecniche ma è decidere quando applicarle e quali gesti ulteriori associare (per es. l’acromionplastica): la letteratura non sempre aiuta per l’eterogenicità delle casistiche e dei trattamenti.

Nelle lesioni di grado 1 sec. Ellman Articolari il semplice debridment da buoni risultati sia nelle forme primitive degenerative (purchè il tessuto tendineo residuo sia di buona qualità) sia nelle forme secondarie a instabilità (indispensabile trattare le lesioni cercine-legamentose) e la decompressione subacromiale è da eseguire solo in presenza di contemporanea sofferenza del lato bursale. Savoie revisionando centoquarantasette lesioni articolari cuffia in una popolazione medio-giovane evidenzia un 70% di associazione con instabilità e una stabilità dei risultati del debridment piu stabilizzazione (16).

Nelle lesioni di grado 1 sec. Ellman Bursali il debridment associato a acromionplastica dà altrettanto buoni risultati ma con delle percentuali di fallimento superiori dovute al maggiore potenziale evolutivo

(Cordasco riporta nelle 1A lo 0% di e nelle 1B il 17% di fallimento) (17).

Le lesioni di grado 2 sec. Ellman Articolari cioè inferiori al 50% dello spessore possono essere trattate con il debridment ponendo estrema attenzione alla qualità tessuto residuo e/o all’eventuale interessamento del cable: se si evidenziano focolai necrotico-degenerativi considerare il completamento della lesione e se si evidenzia la lesione della puleggia posteriore del bicipite considerare una sutura trans-tendinea uesyo.

Anche in presenza di un lembo consistente di sopraspinoso avulso, con anamnesi traumatica e in paziente giovane (PASTA lesion) considerare la reinserzione con viti sec. Snyder.

La lesione grado 2 sec. Ellman Bursale presenta invece una prognosi cattiva se trattata con il debridment e l’acromionplastica (38% di fallimenti sec. Cordasco e Warren) (17) per cui è raccomandabile il completamento della lesione e ricostruzione del foot-print. Anche Payne conferma un differenza significativa di risultati tra lesioni articolari e bursali trattate con debridment: 86% vs 66% di buoni risultati e 64% vs 45% di ritorno allo stesso livello sportivo.

Nelle lesioni di grado 3 sec. Ellman Articolari vi sono pareri contrastanti. Weber consiglia il completamento e riparazione con mini-open o artroscopica (riporta in due gruppi omogenei di lesioni 3A una differenza tra il gruppo debridment e il gruppo riparazione di 10 punri di UCLA score) (18).

Burkhart suggerisce in caso di residuo foot print laterale integro di ricreare il foot print mediale con una o due ancore riassorbibili a doppio filo (venticinque pazienti con FU di un anno passati da UCLA 15 a UCLA 32) (15). Fig 3

Le lesioni grado 3 sec. Ellman Bursali devono essere completate e ricostruite.

Conclusioni

Da questo algoritmo di trattamento si percepisce come per le lesioni bursali vi siano pochi dubbi sul trattamento mentre per le lesioni articolari il tutto si gioca su alcuni fattori: il limite e quindi la quantificazione del 50%, la qualità del tendine residuo (assenza di delaminazione, integrità lato bursale), un lembo mediale non retratto, l’età e le richieste funzionali e infine l’esperienza del chirurgo.

Per esempio Warren suggerisce di considerare per pazienti ad alta richiesta funzionale un 30% di danno oltre il quale riparare la lesione e invece un 50% di danno per pazienti piu’ anziani o a bassa richiesta funzionale (17).

Per semplificare l’algoritmo decisionale noi consigliamo di seguire la proposta di Flatow:

fino al 50% di danno eseguire il debridment, oltre il 50% la riparazione in situ trans-tendinea in assenza di delaminazione e con lembo non retratto, il completamento della lesione in caso di delaminazione e retrazione (9).

Questi fattori caratterizzanti la lesione devono poi essere posti in relazione con l’età, le richieste funzionali e l’esperienza del chirurgo.

Bibliografia

1 Codman EA The Shoulder Boston 1934

2 Fukuda H : Partial -Thickness tears of rotator cuff Int Orthop 1996 20:257-265

3 Burkhart SS Esch Jc .: The Rotator Crescent and Rotator Cable : An Anatomic Description of the Shoulder’s suspension bridge Arthroscopy 1993 9(6). 611-616

4 Ruotolo C Nottage WM : The Supraspinatus footprint : an anatomic study of supraspinatus insertion Arthroscopy 2004 Mar ; 20(3): 246-9

5 Uhthoff HK Sano H .: Histologic evidence of degeneration at insertion of 3 rotator cuff tendons J Shoulder Elbow Surg 1999 Nov-Dec ; 8 (6) : 574-9

6 Gigante A Greco F : Fibrous cartilage in the rotator cuff: A pathogenetic mechanism of tendon tear ? J Shoulder Elboww Surg 2004 MaY-Jun 13(3) : 328-32

7 Yamanaka K Matsumoto T : The Joint side tear of the rotator cuff Clin Orthop 1994 304:68-73

8 Snyder SJ Arthroscopic treatment of partial articular surface tendon avulsion AAOS/AOSSM Feb 2,2001 Lake Tahoe

9 Ruotolo C Nottage WM Flatow EL Controversial topics in Shoulder Arthroscopy Arthroscopy 2002 Feb suppl 1 18 : 65-75

10 Ellman H Diagnosis and treatment of incomplete rotator cuff tears Clin Orthop 1990 ; 254: 64-74

11 Snyder SjJ Partial thickness rotator cuff tears: results of arthroscopic treatment Arthroscopy 1991; 7(1):1-7

12 Lyons TR Savoie Fh Arthroscopic repair of partial-thickness of thr rotator cuff Arthroscopy .2001 Feb ; 17(2):219-23

13 Burkhart SS Lo IK Transtendon Arthrosopic repair of partial -thickness,articular surface tears of rotator cuff . Arthroscopy 2004 Feb; 20(2) : 214-20

14 De Beer J Arthroscopic rotator cuff repair by footpint reconstruction 19° San diego Meeting 2002 425-31

15 Burkhart SS Lo IK Double-Row Arthroscopic rotator cuff repair: Re-establishing the footprint of the rotator cuff Arthroscopy 2003 Nov 19(9): 1035-42

16 Noojiin Fk Savoie FH Field LH : Arthroscopic treatment of partial thickness articular sided rotator cuff tears AANA Seattle april 19 2001

17 Cordasco FA Warren RF 19° San Diego Meeting 2002 421-24

18 Weber SC Arthroscopic debridment and acromionplasty versus mini-open repair in the treatment of significant partial thickness rotator cuff tears Arthroscopy 1999 15 (2):126-31

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