Lussazione di spalla

Cos’è la lussazione di spalla?

L’articolazione della spalla è tra le più mobili del corpo umano consentendo ampie escursioni articolari nello spazio e questo è consentito dalla testa omerale sferica che si articola con una piccola e piatta glena scapolare e da un’ampia ed elastica capsula articolare. Questi ampi movimenti devono avvenire nella massima stabilità per cui la natura ha sviluppato dei sistemi di stabilizzazione quali:

  • il cercine glenoideo: assomiglia a un menisco a 360° e può essere paragonato ad una ventosa applicata alla glenoide per aumentare effetto di contenimento  
  • i legamenti gleno-omerali che proteggono e rinforzano anteriormente e inferiormente la capsula e limitano la extrarotazione  
  • i muscoli della cuffia dei rotatori.

Quali sono le cause della lussazione di spalla?

Un trauma acuto può determinare la perdita di contatto tra testa omerale e glena realizzando la lussazione acuta di spalla. Nell 90% dei casi, il trauma determina il distacco del cercine e dei legamenti (lesione di Bankart) che solo in una bassa percentuale di casi possono cicatrizzare in maniera corretta. La lussazione provoca inoltre, con elevata frequenza (80%), una frattura da impatto nella parte testa omerale definita lesione, incisura o frattura di hill-sachs se avviene nella parte posteriore omerale o di mclaughlin se si realizza nella parte anteriore. La direzione prevalente della lussazione è antero-inferiore, mentre più rara è quella posteriore. In alcuni casi anche la lesione di bankart si associa al distacco di un piccolo frammento osseo (bony-bankart).

Cosa fare in caso di lussazione di spalla?

La lussazione acuta di spalla può essere ridotta in alcuni casi spontaneamente dal paziente stesso o può richiedere il ricorso al Pronto Soccorso per una riduzione in sedazione. E’ sempre necessario un controllo radiologico che oltre a certificare l’avvenuta riduzione, consente di evidenziare o sospettare le lesioni ossee glenoidee o omerali sopracitate. 

Dopo la riduzione, la spalla viene immobilizzata in un tutore per 20-25 gg, quindi inizia una fase riabilitativa atta a recuperare piena articolarità e stabilità. Un consiglio corretto è di eseguire una RMN alto campo entro 10-15 giorni dalla avvenuta lussazione in quanto il versamento presente in articolazione funziona da “contrasto naturale” e consente di fare il punto su lesioni capsulo- legamentose e osse. Con questa rmn rivolgersi poi a uno specialista di Spallaonline.it per ulteriori indicazioni. 

Le conseguenze di questa prima lussazione può essere il recupero di buona funzionalità e stabilità, oppure una spalla che non si ri-lussa ma rimane dolorosa e con segni di “apprensione“, cioè timore da parte del paziente di ulteriore fuoriuscita in determinati movimenti o posizioni, infine ultima possibilità sono ulteriori episodi di sublussazione o lussazione.

La percentuale di queste 3 possibilità dopo primo episodio è variabile a seconda della età, della iperlassità legamentosa, del tipo di attività sportiva o lavorativa, della efficacia della riabilitazione e della costanza nel praticare esercizi di rinforzo muscolare e attivazione propriocettiva. Ovviamente più episodi di sublussazione o lussazione avvengono, maggiori saranno i danni sia alle strutture legamentose sia alle componenti ossee. Quando la lussazione avviene dopo i 40-50 anni, la probabilità che si realizzi una lesione più o meno grave ai tendini della cuffia dei rotatori arriva al 50% e ciò compromette il recupero funzionale e spesso necessita di intervento di riparazione della cuffia in tempi brevi per evitare retrazione degli stessi e atrofia muscolare.

Nelle lussazioni ad alta energia si possono realizzare danni ulteriori e più gravi quali per esempio lo stiramento del nervo ascellare che fornisce elettricità al muscolo deltoide, motore della spalla, con conseguente grave deficit funzionale in elevazione e recupero che può richiedere anche 5-6 mesi oppure la frattura del trochite in unico frammento o più frammenti, composta o scomposta. Le fratture del trochite scomposte oltre una certa entità richiedono intervento di riduzione e sintesi artroscopica o aperta, pena un definitivo deficit funzionale.

Negli atleti che praticano sport di lancio tipo tennis, baseball, pallavolo si può realizzare un progressivo sfiancamento, allungamento della capsula antero-inferiore e dei legamenti anteriori con conseguente comparsa di dolore e perdita di efficienza del gesto atletico. Si realizza una minor capacità di stabilizzare la testa omerale e un secondario sovraccarico dei tendini della cuffia e una alterazione della attivazione dei vari muscoli peri-scapolari definita discinesia scapolo-toracica. In queste forme di instabilità minore o dolorosa si realizzano poi nel tempo distacchi parziali del cercine o dell’ancora bicipitale e/o lesioni parziali della cuffia. In questi pazienti che abbiano anche una iperlassità sono poi sufficienti traumi di minore entità come per esempio una battuta a vuoto o un lancio non ben coordinato per provocare una sub lussazione o una  lussazione.

I pazienti che presentano costituzionalmente una capsula articolare più lassa ed elastica sono più esposti a forme di instabilità minori

Quali sono gli esami per la lussazione di spalla?

La visita dello specialista valuterà la storia del paziente (sport, traumi, sintomi) la presenza di lassità costituzionale ed eseguirà test specifici in grado di suscitare dolore e/o apprensione cioè paura che avvenga la lussazione.

ESAMI STRUMENTALI

L’esame RX in alcune proiezioni specifiche può  dimostrare le lesioni ossee causate dalla prima lussazione, l’ecografia eseguita durante la prima visita dagli specialisti di spallaonline consente di identificare sia i danni ossei omerali (frattura trochite e hill sachs o mclaughlin) sia le lesioni eventuali dei tendini della cuffia, mentre, spetta alla RMN eseguita, quando possibile nei giorni  successivi alla lussazione per sfruttare il versamento presente, di  definire il danno al cercine, ai legamenti ed alla capsula articolare.

Quali sono le terapie per la lussazione di spalla?

In caso di un primo episodio normalmente, se non ci sono fratture del trochite scomposte, ampie fratture di glena o rotture di cuffia, si preferisce un approccio conservativo con tutore in posizione di rotazione neutra per favorire cicatrizzazione cercine-legamenti ed evitare eccessiva rigidità, seguito da un periodi di riabilitazione atto a recuperare l’articolarità passiva, rinforzare cuffia, deltoide e muscoli periscapolari e incrementare il controllo propriocettivo, cioè la capacità di controllare e stabilizzare autonomamente la spalla nei movimenti rapidi e al limite dell’articolarità – una specie di controllo trazione! 

Solo in alcuni atleti professionisti o lavoratori in cui un secondo episodio di lussazione può compromettere la vita (subacqueo, vigile del fuoco, etc.) si può decidere un intervento di stabilizzazione precoce. Ovviamente se il trattamento conservativo fallisce e il paziente si trova nella condizione di spalla dolorosa con apprensione e limitazione in attività sportiva/lavorativa o ha ulteriore episodio di sub-lussazione o lussazione, si consiglierà intervento di stabilizzazione. Stesso discorso con ancora maggiore enfasi sulla riabilitazione, vale per le instabilità dolorose in pazienti iperlassi e nelle forme dolorose degli atleti di lancio.   

Nella maggior parte dei casi, l’intervento si può eseguire in artroscopia cioè con l’introduzione in articolazione di un’ottica collegata ad una telecamera ed a un monitor che consentono di eseguire l’intervento attraverso altre due piccole incisioni cutanee.

Per reinserire il cercine e i legamenti sono utilizzate piccole ancore di 2 mm con doppio filo tutte in tessuto (bankart artroscopica), per restringere la capsula vengono eseguite delle plicature del tessuto. In presenza di una lesione ossea omerale definita hill-sachs, questa può essere “chiusa“ con la tecnica del remplissage-riempimento, cioè la tenodesi del sottospinoso e della capsula posteriore all’interno della frattura. Questa duplice tecnica artroscopica, introdotta dal 2012 dagli specialisti di spallaonline.it, ha ridotto drasticamente la frequenza delle recidive (ri-lussazione) post intervento artroscopico.  

In caso di importante lesione ossea glenoidea sarà indicato l’intervento a cielo aperto con l’utilizzo di un innesto osseo (coracoide) intervento di Latarjet a colmare il deficit.

Post intervento e tempi di recupero

Al risveglio dopo l’intervento chirurgico il paziente avrà una medicazione con garze sopra gli accessi artroscopici o sopra la ferita chirurgica. Al risveglio, l’arto operato sarà inoltre contenuto in un tutore a 10-15 gradi di abduzione in rotazione neutra. Il tempo medio di degenza in ospedale dopo questo intervento è di circa 1-2 giorni, salvo complicazioni.

Verrà mantenuto un tutore ortopedico da mantenere per il periodo prescritto dallo specialista (da 25 a 35 giorni a seconda della patologia) sarà consigliata una terapia medica anti tromboembolica e antidolorifica, un protocollo riabilitativo e saranno comunicate la date dei controlli successivi a 10-15 giorni per rimozione punti e a 45-60 giorni e 90-120 giorni per controllo clinico-ecografico.

Il paziente potrà vestirsi e svestirsi, scrivere al computer, sfogliare il giornale, allacciarsi i vestiti, cauti movimenti in rotazione e in abduzione attivi. 

Dopo intervento artroscopico, il paziente potrà fare la doccia con cerotti impermeabili dopo 3 giorni e dopo 7 giorni può iniziare impacchi acqua e amuchina diluita sui punti di sutura, se open avrà medicazione impermeabile, non da cambiare ma non cmq adatta a fare la doccia

  •  Non fumare nella settimana precedente e per le 4-5 settimane  successive all’intervento (il fumo inibisce  la cicatrizzazione)

Dopo 15-20 giorni da intervento, verrà iniziato un programma di riabilitazione fisioterapica che generalmente prevede un’ iniziale mobilizzazione passiva attraverso il noleggio di un mobilizzatore passivo a domicilio (kinetec) per 15 giorni con frequenza di 3 volte al giorno per 15-20 minuti ciascuna, sotto la soglia del dolore. Dopo 4-5 settimane si inizia la kinesioterapia assistita da terapista in un centro riabilitativo di fiducia, per completare il recupero della articolarità passiva poi inizierà  una successiva graduale mobilizzazione attiva assistita dell’articolazione.

Il processo riabilitativo dura circa 3 mesi, è monitorato da controllo clinici ed ecografici a 45-60 giorni e 90-120 giorni da parte degli specialisti di Shoulder Clinic.

In genere si riprende la guida dell’auto dopo 45 giorni, un lavoro impiegatizio dopo 2 mesi, un lavoro manuale leggero non oltre 5 kg di mobilizzazione dopo 3 mesi e lavori più pesanti con mobilizzazioni oltre 7-8 kg dopo 4 mesi.

Per lo sport si può riprendere nuoto e palestra leggera senza pesi a 3 mesi, iniziare il recupero sport specifico a 4 mesi e le competizioni a 5-6 mesi. E’ necessario ricordare che il recupero funzionale e della forza dell’arto richiede di solito più tempo e che questo varia in relazione al tipo di lesione e al tipo di riparazione.

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